Le Faggete e la loro storia

 

FaggetaIl Faggio si riconosce innanzitutto per le sue notevoli dimensioni: puo' raggiungere un'altezza di 35 metri e un diametro del fusto di circa un metro e mezzo. E' anche una pianta longeva, dal momento che puo' vivere sino a 350/400 anni. Ha un portamento slanciato e maestoso. La corteccia e' sottile e liscia; la sua colorazione tipica e' il grigio, pur recando spesso delle macchie piu' chiare dovute alla presenza di muschi e licheni. Le foglie      sono piccole, di forma ovale od ellettica. 

 Funghi PorciniA primavera la faggeta e' Primule un  caleidoscopio di tinte e colori. Ai margini di essa si trovano le specie piu' variegate e piu' belle, come ranuncoli, primule, ciclamini, orchidee, ginepri, genziane, rosa canina e campanellino bianco. In autunno il sottobosco della faggeta si riempie di flora funginea, in particolare i Porcini. 

 
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E' interessante conoscere la storia di questi boschi di faggio e di quelli dei territori vicini, la quale inizia il 27 agosto del 1910, quando un'agguerrita ditta tedesca, la Rueping S.p.A.(Charlottenburg - Berlino), e il comune di Saracena conclusero un contratto che prevedeva lo sfruttamento di questo immenso patrimonio forestale per almeno un ventennio. 
A quei tempi in cui vigeva la " scelta forzata " dell'emigrazione verso gli Stati Uniti d'America e l'Argentina, l'arrivo della Rueping fu una vera manna dal cielo. Lavoravano tutti, guadagnando piu' di 6 lire al giorno, anche se da semplici operai. Quelli specializzati, che sapevano come far funzionare i sofisticati macchinari, venivano dal Nord Italia, per i quali la ditta organizzo' un centro residenziale in grado di ospitarli insieme alle loro famiglie.  
Era un lavoro duro: si partiva per la montagna presto, tra la domenica e il lunedi, due ore dopo la mezzanotte, ovviamente a piedi, per raggiungere il cantiere e si rientrava in paese a fine settimana. Il risiedere tanto tempo in montagna, lontano da casa e dalla propria famiglia, comportava la necessita' di un ricovero per dormire, che veniva costruito con tavole di faggio, terra e carta catramata. Con la Rueping lavoravano complessivamente all'incirca 600 persone. Si produceva legname di prima scelta, da cui ricavare traverse ferroviarie, calci di fucile, manici di scopa e di pala, remi di barca. Con quello di scarto si otteneva il carbone.  
I due grandi supporti tecnologici della Rueping furono i tracciati ferroviari, percorsi ininterrottamente da tre trenini a vapore e le efficienti teleferiche. Queste ultime poggiavano su due cavalletti di legno durissimo, mentre le funi d'acciaio avevano un diametro di circa 6 cm. Sia i binari ferroviari che le teleferiche erano sparse in quasi tutto il territorio: da Piano di Novacco a Piano di Vincenzo sino a Tavolara; dalla Palmenta al Monte Caramolo; dal Piano di Minatore a Timpone della Magara; da Serraiola a Scifariello. 

A testimoniare questi fatti storici rimane una discreta documentazione su tutto l'areale: stazioni di arrivo e di partenza delle funivie, riconoscibili dai pilastri in cemento e dai supporti in legno che reggevano i cavalletti; fili d'acciaio; tracciati decauville per l'esbarco delpaletti legname sino a Campolongo, con ancora in posto le traverse di quercia; una struttura abitativa a Piano di Novacco; i resti di una grande abitazione nel pianoro di Campolongo, per il pernottamento degli operai che facevano muovere la funivia; un acquedotto sul Piano di Novacco, datato 1922; la vecchia cabina elettrica, costruita nel 1910 con l'importazione dalla Germania dei macchinari; infine, la strada che collega Saracena alla SS 105, costruita nell'inverno del 1925, un regalo della Rueping ai cittadini di Saracena. 
A partire dal 1927, al massimo della sua espansione, la Rueping accorpo' altri territori rientranti nei comuni di Lungro, Morano Calabro, Mormanno, Acquaformosa, Firmo, S.Donato di Ninea, S.Sosti e Verbicaro, sistemando i propri impianti a Valle Scura, giungendo sino alle falde del Cozzo del Pellegrino. Da questi luoghi il legname veniva confluito allo scalo di Verbicaro. Venne costruita una ferrovia a scartamento ridotto che dai Piani di Novacco giungeva al Piano di Campolungo e da qui una teleferica trasportava i tronchi attraverso Vallecupa e Cernestà sino ai Piani di Zoccolìa dove erano ubicate le segherie. Vennero ceduate, a taglio raso, vaste aree e solo nei luoghi più inaccessibili rimasero maestosi alberi a testimonianza della Selva che ricopriva quelle zone. Il legname migliore veniva trasportato a fondovalle con una teleferica (in prevalenza faggi, pini e abeti), quello meno pregiato veniva utilizzato per alimentare le "carcare" ovvero le fornaci che producevano la calce.

Qualche anno piu' tardi, a causa di insanabili contrasti con gli amministratori di Saracena, la Rueping smantello' i cantieri e si trasferi' nelle montagne lucane.  
Alla Rueping subentro' la ditta Palombaro che, dal 1950 al 1958, effettuo' tagli di diradamento lasciando gli alberi migliori. Essa, in parte rinnovo' gli impianti, in parte utilizzo' quelli preesistenti della Rueping. Da allora, non si effettuano piu' tagli indiscriminati a danno delle faggete. 

"Carcara"Un'altra utilizzazione che richiese grandi quantitativi di legname di Faggio erano le cosiddette "carcare", singolari forni per la produzione della calce, rimaste attive sino agli anni '50. Trattasi di strutture circolari, costruite con muri a secco, destinate alla produzione della calce che si ricavava dal calcare, abbastanza diffuso sugli areali del Pollino e della Catena Costiera, dove queste forme si rinvengono con frequenza.  

Le parti di faggio che non si prestavano ad essere lavorate (rami e scarti) costituivano ottimo combustibile per la produzione di carbone dolce, per molti anni l'attivita' principale dei nostri montanari. Cio' avveniva per mezzo delle carbonaie. 

carbonaia 
La tecnica di costruzione delle carbonaie, dalla caratteristica forma a cupola, e di trasformazione del legno in carbone, e' rimasta rigorosamente invariata dall'antchita' ad oggi. 
Il modo di accatastamento della legna, in grado di far assumere alla carbonaia la tradizionale forma a cupola, risponde a tecniche ben precise: 
- individuata e livellata la superficie, al centro di essa si impiantano una serie di paletti, il cui scopo e' quello di delimitare la camera interna di combustione, e si procede alla sistemazione del legname (gia' tagliato in pezzi da mezzo metro) cosi' da ottenere un cerchio perfetto. 
carbonaiaQuelli piu' piccoli vengono accatastati alla periferia e quelli piu' grossi al centro, dato che questi ultimi necessitano di una temperatura di combustione maggiore. Si inizia a posizionare i pezzi di legno verticalmente, poi sempre piu' inclinati verso il centro, sino a congiungersi al cosiddetto canale d'accensione o "bocca della carbonaia". Completato l'accatastamento, essa viene ricoperta da uno strato di foglie e terriccio umido, piu' spesso verso la base e sul lato maggiormente esposto ai venti dominanti. carbonaia 

L'accensione avviene introducendo nell'interno del camino rami e rametti ardenti oppure della brace. Il processo di trasformazione ha inizio dal basso verso l'alto, ed e' di durata estremamente variabile. Il normale funzionamento della carbonara e' regolato da una serie di fori, del diam. di circa 4 cm, praticati nella meta' inferiore della stessa. Carbonaia Quando il fuoco si va abbassando e' necessario ampliare il diametro di detti fori, che, viceversa, vanno parzialmente chiusi quando la combustione procede molto rapida. 
A processo ultimato si effettua la scarbonatura, che consiste nel liberare il carbone dal terriccio e dal fogliame versandovi sopra dell'acqua. 
Questo processo di carbonizzazione e' ancora oggi molto diffuso nelle Serre Catanzaresi e in Aspromonte dove costituisce una realta' storico-economica molto importante. 

                                                                     (Dal libro "La Faggeta nella Montagna Calabrese" di C.Magliocco) 
   

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