Parco Letterario
"Quando fu il giorno della Calabria,
Dio si trovo' in pugno 15.000 chilometri quadrati di argilla verde con riflessi viola.
Il Signore promise a se stesso di farne un capolavoro e la Calabria usci' dalle Sue mani piu' bella della California e delle Haway, piu' bella della Costa Azzurra e degli Arcipelaghi giapponesi.
Diede alla Sila il pino, all'Aspromonte l'ulivo, a Rosarno l'arancio, a Scilla le Sirene, a Bagnara i pergolati, allo scoglio il lichene, all'onda il riflesso del sole, alla roccia l'oleastro, a Gioia l'olio, a Cosenza l'Accademia, a Catanzaro il damasco, a Reggio il bergamotto, allo Stretto il pescespada.
Poi distribui' i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l'inverno le fu concesso il sole, per la primavera il sole, per l'autunno il sole...
A gennaio diede la castagna, a febbraio la pignolata, a marzo la ricotta, ad aprile la focaccia con l'uovo, a maggio il pescespada, a giugno la ciliegia, a luglio il ficomelanzano, ad agosto lo zibibbo, a settembre il ficodindia, ad ottobre la mostarda, a novembre la noce a dicembre l'arancia.
Volle il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre, il cielo terso, le campagne fertili, le messe pingui, il clima mite, il profumo delle erbe inebriante..."
Leonida Repaci
...fece conoscenza con uno straniero, un tedesco, il quale veniva da un viaggio a piedi nell'Italia meridionale. Che cosa facessero quei viaggiatori, che penetravano nei paesi piu' remoti della Calabria e della Sicilia, non si sa; dicevano di compiere studi di geologia o di parlate dialettali, e all'apparenza era vero perche' molti venivano a visitarmi nella biblioteca comunale per chiedere documenti e libri di storia della regione, e dopo qualche tempo mi mandavano dai loro paesi le pubblicazioni in cui avevano dato conto delle loro ricerche... Questo tedesco, Bohem, mi raccontava spesso dell'ospitalita', sconosciuto, straniero, in una casa dove non gli chiedevano neppure chi fosse, e dove era alloggiato alla meglio in una stanza accanto al cassone della biancheria e dei tesori di famiglia, e le ceste e le casse delle riserve alimentari. Egli era colpito non soltanto di una cosi' buona fiducia, ma della civilta' degli abitanti di luoghi cosi' remoti, giacche' le famiglie migliori del paese si facevano un dovere invitarlo, una volta per una, a un pasto dove le donne non comparivano mai, e gli uomini tiravano fuori discorsi stupefacenti per la loro informazione delle cose del mondo. Erano spesso informazioni non aggiornate, ricavate da libri vecchi di cinquant'anni, ma in questi limiti esatte e vive; nella solitudine e distanza dal mondo, le persone e le citta' e i popoli conosciuti attraverso quei libri acquistavano una vita singolare, e le persone, nonche' i personaggi che occupavano allora la scena della storia, un'esistenza piena di carattere, e di un carattere cui spesso suppliva la fantasia di quei lontani meridionali.
Da Mastrangelina di Corrado Alvaro
Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perche' andare a piedi e' sfogliare il libro e invece correre e' guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da se' e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti e' incontrare cani senza travolgerli, e' dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, e' trovare una panchina, e' portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. E' suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volonta', ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.
Da "Il pensiero meridiano" Franco Cassano
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Calabria Ti amo Calabria per gli assorti silenzi delle tue selve che conciliano i sogni dei pastori e le estasi degli eremiti. Ti amo per quel fiume di alberi che dalle timpe montane arriva ai due mari a bere il vento del largo frammisto all'aroma del mirto. Ti amo per le solitarie calanche chiuse da strapiombi di rocce che prendon colore dell'alga nata dallo spruzzo dell'onda. Ti amo per le spiagge deserte bianche di sole e di sale dove fanciulli invisibili sorelle di Nausicaa corrono sul frangente marino i piedi slacciati dai sandali. Ti amo per la fatica durata a domar le montagne, a bucarle, a intrecciarle a festoni di pergola, a cavarne grasse mammelle di moscato d'oro per mense di dei. Ti amo per l'aspro carattere fortificato da solitudini secolari, bisognoso di poche essenziali parole mai vacillante davanti alla congiura dei giorni. E un giorno non troppo lontano unito a te nella zolla saro' anch'io Calabria, saro' il fremito dei tuoi alberi, il murmure della tua onda, il sibilo dei tuoi uragani, il profumo delle tue siepi, la luce del tuo cielo. Si dira' Calabria e anch'io saro' compreso in quel grande e immortale nome, anch'io diventato un ulivo dalle enormi braccia contorte spaccate dal vento dei secoli, anch'io saro' favola al canto che sgorghi improvviso come acqua dal sasso dalle labbra di un giovinetto pastore dell'Aspromonte, davanti al fuoco ristoratore di un vaccarizzo odoroso di latte e di redi nella lunga notte invernale. (Leonida Repaci) | ![]() |
di ogni luogo naturale
anche l'anima del Pollino
non è descrivibile.
Ne avverti soltanto la presenza
nell'insieme armonioso e struggente
delle luci e dei suggestivi colori di albe e tramonti,
nelle voci arcane e senza tempo
delle acque e del vento,
nelle misteriose atmosfere di particolari momenti.
Giorgio Braschi
BIBLIOGRAFIA SUL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO
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