Panacieddi

 

 

Panaciedd

I "Panacieddi" sono fagottini di foglie di cedro con ripieno di uva zibibbo e pezzetti di buccia di cedro, legati con filo di ginestra selvatica e cotti al forno.

 

 

 

 

Per trasformare l'uva Zibibbo in "passili", uva passa, bisogna seguire una lenta e paziente lavorazione.

 

La realizzazione dei "panaciedd" di uva passa,  necessita di un lungo lavoro che va dal raccogliere le foglie adatte nel periodo della potatura, all'essiccazione dell'uva zibibbo, all'intreccio dei fili di ginestra ed allla giusta cottura nel forno a legna. 

 

 

 

uva passaUva passa

 

 

"lisciviatura"

 

 

La prima operazione è quella della "lisciviatura": I grappoli d'uva appena raccolti  vengono legati ad un bastone ed immersi per poco tempo in una soluzione di acqua e cenere (usata per disinfettare), in questo modo sugli acini si forma un leggero strato che farà da disinfettante e li proteggerà tenendo lontano gli insetti.

 

I grappoli una volta trattati andranno poi essiccati. Vengono appesi nello "spannituru" (stenditoio), per completare l'essicazione.

Gli acini, grazie al trattamento subìto, riescono a mantenere un certo grado di umidità, lasciando inalterati i valori zuccherini.

"Spannituru"
Acini posti ad asciugareL'operazione successiva è quella della "deraspatura": gli acini vengono tolti dal grappolo e selezionati uno ad uno; successivamente vengono lavati e posti nelle "cannizze"(stenditoi realizzati con le canne intrecciate) per asciugarsi.
 Una volta pronti, vengono messi su due foglie di cedro, aromatizzati con scorzette di cedro tagliate a pezzetti, avvolti con le foglie come fagottini e legati con arbusti di ginestra.Panacieddi

 

 

 

 

 

Panacieddi già cotti in forno

 

 

 

 Infine vengono  cotti lentamente in forno aromatizzato con legna di cedro o di vite e con l'aggiunta di legni odorosi a 120° fino a quando le foglie di cedro esterne degli involtini non diventano rosolate.

 

Il prodotto finito si presenta compatto, perchè il calore fa sciogliere lo zucchero contenuto negli acini.


 Questi fagottini erano stati già apprezzati dal grande Gabriele D’annunzio; ecco cosa scriveva:

 

 Tratto dalla LEDA SENZA CIGNO (1916):

sorrido pensando a quegli involti di fronde compresse e risecche, venuti di Calabria che un giorno vi stupirono ed incantarono, quando ve li offersi sopra una tovaglia distesa sull’erba non ancora falciata…Gli involti erano di forma quadrilunga come volumetti suggellati d’un solitario che avesse confuso felicemente la biblioteca e l’orto. Ci voleva l’unghia per rompere la prima buccia…Ma ecco l’ultima foglia in cui è avvolto il segreto profumato come il bergamotto. L’unghia la rompe: le dita s’aprono e si tingono di sugo giallo, si ungono di un non so che unguento solare. Pochi acini di uva appassita ed incotta… pochi acini umidi e quasi direi oliati di quell’olio indicibile ove ruota alcun occhio castagno ch’io mi so, pochi acini del grappolo della vite del sole appariscono premuti l’un contro l’altro, con che di luminoso nel bruno, con un sapore che ci delizia prima di essere assaporato…
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